Legami di famiglia e piccole vendette
I macachi comprendono le relazioni di parentela e ne traggono vantaggio. Lo conferma una ricerca dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr e del Deutsches Primatenzentrum di Gottinga.
Osservando un gruppo di macachi ospitati al Bioparco di Roma, un gruppo di ricercatori dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche (Istc-Cnr) e del Deutsches Primatenzentrum di Gottinga (Germania) ha spiegato come essi riescano a identificare le relazioni di parentela e quale sia il loro vantaggio nel farlo.
“Sappiamo da trent’anni, grazie a precedenti studi, che i macachi sono capaci di riconoscere le relazioni di parentela che legano altri individui. Quest’ultima ricerca, però, contiene due novità – afferma Gabriele Schino dell’Istc-Cnr, autore dello studio -. Primo, chiarisce come i macachi, quindi i primati, acquisiscano questa comprensione della loro propria struttura sociale, delle regole del gruppo in cui vivono. Secondo, identifica un vantaggio selettivo da questa loro capacità, e quindi contribuisce a spiegarne l’evoluzione. Gli esseri umani riconoscono le relazioni di parentela soprattutto sulla base delle informazioni verbali: qualcuno, ad esempio, ci dice che un individuo è il figlio di un altro. Questo è ovviamente impossibile per i primati non umani, i quali devono quindi basarsi sull’osservazione diretta”.
In merito a come traggano le informazioni dall’osservazione, il team di ricercatori ha formulato due ipotesi: “Secondo la prima, la conoscenza del grado di parentela deriverebbe dall’osservazione di comportamenti caratteristici delle interazioni fra parenti, come l’allattamento, che verrebbero successivamente ricordate”, prosegue il ricercatore dell’Istc-Cnr. “In base a una seconda ipotesi, i macachi registrerebbero più ampiamente tutte le interazioni amichevoli che osservano fra i compagni di gruppo, considerando come parenti i membri che si scambiano più frequentemente interazioni amichevoli. Lo studio ha mostrato che l’ipotesi più corretta è proprio quest’ultima. I macachi, quindi, applicano la logica: se due individui si frequentano, sono parenti. Una deduzione in parte errata, cosicché, pur riuscendo con successo a identificare alcuni parenti dei loro compagni di gruppo, i macachi a volte non sono in grado di distinguerli da coloro che sono semplicemente amici”.
A questo risultato i ricercatori sono giunti studiando il fenomeno della cosiddetta aggressione ridiretta, per il quale la vittima di un’aggressione scarica la tensione attaccando un terzo individuo. “Molto spesso il terzo individuo è un parente dell’aggressore originale, il che dimostra come la vittima sia in grado di riconoscere i parenti del suo avversario”, spiega Schino. Da qui prende il via la seconda parte dello studio, rivolta ad analizzare i vantaggi derivanti da questo riconoscimento. “È stato dimostrato che i macachi tendono a evitare di aggredire gli individui che sono particolarmente bravi a identificare i parenti dei loro aggressori e che più spesso si vendicano aggredendoli a loro volta: questa capacità di identificazione, pertanto, consente di subire meno aggressioni”.
Redazione Prime Pagine